Alla fine è questione di episodi. Ti possono andar bene, e sei un Dio. Oppure male, e allora sei un facile pasto per tutti quanti. Tutto si riduce a quell’attimo, a quel centimetro, a quella scelta. Magari brutta, che però ti funziona.
Nel turno infrasettimanale o rinasci o ti infossi. Al Carpi serviva una vittoria per estirpare alla base le possibili scorie della sconfitta di Ferrara. L’avversario di turno, il Perugia, non era dei più semplici. Per il momento positivo del Grifone, per la trasferta complicata, per un Verona capolista che rischiava seriamente di dare una spallata alla classifica non indifferente.
Ma alla fine ha vinto il Carpi, da Carpi. Ha vinto Castori, da Castori. Un goal per tempo, non senza sofferenze, per scacciare da subito eventuali malumori. La sorpresa? Michael De Marchi, messo in campo dal primo minuto al posto di Lasagna. 190 centimetri di voglia, dedizione e potenza fisica al servizio della squadra per cinquanta minuti. Alla mezz’ora è proprio una palla messa in area dall’ariete che si trasforma in un autorete di Brighi per l’1-0 Carpi. Che poi soffre. Ma faceva parte dei piani. Almeno tre occasioni perugine entro l’ora di gioco. Poi dentro il Kevin lasciato in panchina pronto a sparigliare nuovamente le carte e destabilizzare una difesa umbra assuefatta dalla stazza fisica della punta di cui sopra. La velocità del neo-entrato prima turba la retroguardia di Bucchi e poi, a sei dal termine, colpisce, chiudendo la storia con un violento diagonale. 0-2 al “Curi”. Gara chiusa, cerchio perfetto per Castori che la vince così come l’aveva preparata.
Cosa succede adesso? Succede che il Carpi si lascia indietro tutte le altre aggrappate alla zona play-off in un sol boccone. Esclusi Cittadella e Verona, la sorpresa di inizio stagione già balbettante e i grandi favoriti della divisione cadetta. Mica infallibili però: lo 0-0 di Pisa ne è la conferma. Le due venete sono poi le uniche formazioni nella top-ten che il Carpi deve ancora affrontare. Il che significa, di riflesso, che capitan Bianco e soci dovranno vedersela, il più delle volte, con realtà meno altolocate. E, sulla carta, meno complicate. Comunque con formazioni che non hanno velleità di giocarsela per il salto di categoria. A partire già da questo weekend, quando, sabato 29 ottobre, il “Cabassi” riapre i cancelli per Carpi-Ascoli.
Logico, normale, razionale pensare al Carpi come grande favorita del prossimo impegno casalingo. 19 punti, seconda posizione dietro all’Hellas (5 lunghezze avanti), mezzi sporchi e cattivi ma ambizioni nobili. Contro? 11 punti, diciassettesima posizione, questioni societarie non proprio limpide, attacco tutt’altro che sfavillante e difesa così così.
E poi “Sandro Cabassi”. Molla ulteriore per proseguire la corsa, catalogando la caduta di Ferrara come “battuta d’arresto”. Per quanto bruciante sia stata. Ma pur sempre una battuta all’interno di un labirinto lungo e tortuoso. Errare humanum est, perseverare…
Probabilmente non vedremo mai un Carpi… Bello. Non fa per Castori che è tutto tranne che narcisista. Non fanno per Castori il blasone e nemmeno il “nome” che porti sulle spalle.
Ciò che conta è un ragazzo pescato dalle serie inferiori e gettato nella mischia al posto del titolare Lasagna (passatemi il termine, siccome la storia dei “22 titolari” a me non è mai andata giù…). Contano le vittorie sudate, sperando magari che quel tiro del Dezi di turno finisca sempre “fuori di poco”. Conta il carattere degli uomini scelti dal mister “perché tra un mezzo giocatore ma grande Uomo e un grande giocatore mezzo uomo io scelgo sempre il primo.” Diceva Antonio Conte.
Che è più o meno il pensiero del Conte di Carpi. E, piaccia o non piaccia, conta questo gioco acre, maschio, per nulla luccicante, che mira a chiudere gli spazi, a non prenderne piuttosto che a farne. Ma se funziona così…
di Gigi Ferrante
(foto tratta dal sito www.carpifc.com)