OLIMPIA VIGNOLA, QUANDO IL CALCIO E’ DONNA

Nell’estate del 1990 nasce l’ASD Olimpia Vignola, la prima squadra di calcio femminile sul territorio vignolese. Questa realtà è stata una delle prime ad offrire un’opportunità alle ragazze amanti del pallone, quello che si calcia in rete, e anche oggi continua la sua avventura con buoni risultati in serie A2. “La nostra società punta molto al settore giovanile – ci spiega Roberta Li Calzi numero 10 della squadra – e questo è molto importante anche per i nostri risultati futuri”.

Quando inizia il percorso di una ragazza nel mondo del calcio?
Da noi le bimbe possono iniziare a divertirsi col pallone già a 5/6 anni. Naturalmente all’inizio il tema centrale degli allenamenti, oltre alle basi del calcio, è il divertimento e la socializzazione. Ma non manca un pizzico di competizione che nasce dai diversi raduni che portano le più piccole a giocare in partitelle miste.

E invece quando è cominciata la tua esperienza?
Quando ho iniziato io la realtà del calcio femminile era molto diversa. Calciai il mio primo pallone a 7 anni nel 1988, e da allora fu subito amore. Per coltivare la mia passione mi allenai in squadre maschili fino ai 15 anni, vista la mancanza di società di sole ragazze. Solo in seguito finalmente partecipai al mio primo campionato femminile.

Quindi in Italia è difficile per una ragazza dedicarsi al calcio?
Anche se c’è ancora molto da migliorare oggi ci sono più possibilità rispetto al passato. Inoltre si sono abbattute alcune barriere sociali che vedevano il calcio come un sport esclusivamente maschile. Vent’anni fa era difficile che una madre permettesse alla figlia di giocare a calcio, ma oggi da questo punto di vista si sono fatti diversi passi in avanti.

È possibile per una giocatrice professionista, mantenersi solo col calcio?
Purtroppo in Italia non esiste il professionismo nel calcio femminile, e questo va a incidere sull’aspetto economico. Naturalmente ai livelli più alti l’impegno che richiedono allenamenti e partite sono così consistenti che non sarebbe possibile avere un altro lavoro, il che rende necessario un normale stipendio.

Quindi cosa consigli a tutte coloro che volessero lanciarsi nel mondo del pallone?
Il mio consiglio è di continuare a fare sport, ma anche di cercare una fonte di guadagno differente, un lavoro con cui potersi mantenere perché nel calcio femminile questo è molto difficile. Inoltre a chi non avesse una squadra di calcio femminile nelle vicinanze, consiglio di provare ad allenarsi con una squadra maschile, per testare l’ambiente e capire cosa significa far parte di una squadra.

Tu che hai seguito prima da giocatrice e poi come allenatore sia il calcio femminile che quello maschile, quali differenze hai notato?
Finché si tratta di bambini le dinamiche sono molto simili. L’approccio è genericamente puntato sul divertimento e sullo stare insieme. Crescendo però aumentano le differenze. A mio avviso ciò che si nota di più è l’impegno messo negli allenamenti e in campo dalle ragazze. Le donne hanno una marcia in più da questo punto di vista e spesso danno soddisfazioni anche maggiori al proprio allenatore.

Un’ultima domanda. Come vedi il futuro del calcio femminile?
Dal punto di vista del settore giovanile molto bene. Per quanto riguarda un discorso più ampio, il salto di qualità del calcio femminile italiano, si potrebbe ottenere solo con interventi drastici da parte delle organizzazioni al vertice.

FRANCESCO PALUMBO
VIVO TERRE DI CASTELLI 12 MARZO 2014
www.vivomodena.it