STORIE DI GIRO: SULLE STRADE MODENESI IL PRIMO VOLO DELL’AIRONE FAUSTO COPPI

Domani, sabato 6 maggio, prende il via la 106° edizione del Giro d’Italia e tutti gli appassionati aspettano con impazienza di assistere al duello tra il campione del mondo Remco Evenepoel e Primoz Roglic, corridore che ha sempre corso da protagonista i grandi giri. Quest’anno la nostra città e provincia non sarà protagonista di un arrivo o di una partenza di tappa, ma l’inizio della corsa rosa ci da l’occasione per raccontare la storia delle principali occasioni in cui si è corso dalle nostre parti. A partire dalla celeberrima Firenze-Modena del 1940, che fece conoscere al mondo della bicicletta nientemeno che “Il Campionissimo” Fausto Coppi.

Coppi in maglia rosa a Modena

“Un uomo solo al comando; la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Con questa frase divenuta mitica il giornalista Mario Ferretti apriva la sua radiocronaca della Cuneo-Pinerolo, terz’ultima tappa del Giro d’Italia del 1949. Una tappa leggendaria in cui il Campionissimo scalò da solo il Colle della Maddalena, L’Izoard e il Sestriere e arrivò al traguardo con 11’52 sul rivale di sempre, Gino Bartali, conquistando di fatto la sua terza corsa rosa. La prima grande impresa dell’Airone, così veniva soprannominato il ciclista piemontese, ha però per protagoniste le strade e le montagne della nostra provincia.

Il 29 maggio del 1940 si correva la Firenze-Modena, 11ª tappa del 28° Giro d’Italia. In maglia rosa c’èra il torinese Enrico Mollo, ma il vero favorito per il successo finale era naturalmente Gino Bartali, capitano della Legnano, che nelle prime tappe però si era attardato a causa di alcune cadute. La sua squadra, proprio alla vigilia della corsa rosa, aveva ingaggiato un giovane tortonese di appena 20 anni, che avrebbe dovuto fare il gregario di “ginettaccio”. Si trattava di Fausto Coppi.

Quel mercoledì di fine maggio era una giornata non certo primaverile sul nostro Appennino, con vento e pioggia mista grandine. I ‘girini’, dopo le salite della Prunetta e del Monte Oppio, dovevano arrivare all’Abetone, il punto più alto della tappa con i suoi 1388 metri. Poi giù fino a Modena. Proprio sulla salita verso l’Abetone le prime scaramucce. Il pistoiese Ezio Checchi guadagnò un paio di minuti sul gruppetto dei più immediati inseguitori, tra i quali non c’era però Gino Bartali, non al meglio e attardato di un altro minuto. A un certo punto improvvisamente scattò Coppi che raggiunse Checchi e si involò da solo.

A Barigazzo l’Airone aveva già fatto il vuoto e, a 76 chilometri dalla conclusione, si lanciò a tutta velocità verso Modena. Dopo una fuga di 100 chilometri il futuro Campionissimo arrivò da solo al traguardo posto all’interno del vecchio Stadio Marzari. I rivali, tra i quali anche il suo capitano Gino Bartali, giunsero al traguardo con un ritardo di 3’45 e Coppi indossò la sua prima maglia rosa. Nei giorni successivi i giornali sportivi proposero titoli altisonanti.

“Una grande corsa e un grande campione” scriveva la Gazzetta dello Sport, che organizzava la competizione. “Il Giro ha sfornato un campione” intitolava il Guerin Sportivo, in quegli anni molto attento alle vicende del ciclismo. Quella maglia Coppi riuscì a difenderla fino al traguardo di Milano dove arrivò con 2’40” di vantaggio su Enrico Mollo e addirittura 46’ 09” su Gino Bartali, nono in classifica. Era il 9 giugno del 1940. Il giorno dopo l’Italia sarebbe entrata in guerra e il Giro si sarebbe fermato fino al 1946, quando “Ginettaccio” si sarebbe preso la sua rivincita sull’ex gregario.

(GB)