
Calcio e politica hanno sempre avuto punti di contatto. Dai tempi del fascismo, con il Mondiale vinto dall’Italia di Vittorio Pozzo e il ruolo del gerarca Arpinati nell’ambito della federazione, fino ad oggi, i politici più importanti hanno spesso avuto rapporti più o meno stretti con le squadre di calcio e ci sono anche stati calciatori che si sono dedicati a fine carriera alla politica. Ai rapporti tra calcio, politica e potere il giornalista e scrittore modenese Stefano Santachiara ha dedicato un libro molto interessante, intitolato “Calcio, carogne e gattopardi”. Noi di modenasportiva.it lo abbiamo intervistato.
Stefano intanto come ti è venuta l’idea di scrivere un libro come questo?
Nella bibliografia sportiva mancava un lavoro che mettesse insieme gli interessi che ci sono nel calcio e gli scandali che lo hanno attraversato in questi anni analizzando anche il meccanismo secondo il quale il potere finanziario e politico utilizza il calcio come strumento per i propri interessi, dalle carriere politiche all’uso come “arma di distrazione di massa” rispetto ai problemi più seri e generali che affliggono la popolazione. Ad esempio l’abbiamo visto nel 1978 in Argentina, dove il mondiale ha portato molto credito e legittimità internazionale alla dittatura di Videla continuando a nascondere le torture, ma è un meccanismo presente anche nelle democrazie. Mentre Baggio ci portava in finale negli Stati Uniti, ad esempio, il parlamento votava il decreto Biondi che toglieva la custodia cautelare per i colletti bianchi, oppure nel 2006 durante il mondiale di Lippi si decideva sul disegno di legge dell’indulto. Ma non è solo il potere politico che mette mano al gioco del calcio quanto soprattutto quello finanziario che investe e specula nel calcio approfittandone per poi lasciare spesso le società in rosso
Il calcio è sempre stato uno strumento “politico”, fin dai tempi del fascismo e anche prima. Come si è arrivati a questo?
Giusta considerazione, per analizzare questi aspetti sociologici è importante la contestualizzazione storica. In effetti se andiamo a vedere le origini del pallone, ma anche di tutti gli altri sport, dai tempi del “panem et circensem” dei romani c’è questa considerazione comune. La nascita del football, secondo alcuni eminenti sociologi, è avvenuta attraverso le scuole dell’Inghilterra vittoriana, perché è uno sport bellissimo che favorisce la fantasia e l’inclusione sociale, che risulta facile da capire e molto semplice da giocare. La cosa però che i ceti dominanti hanno sempre sfruttato è stato l’uso dello sport per distrarre e distogliere dalle rivendicazioni sociali della working class. Una sorta di trasferimento del conflitto sociale in conflitto sportivo urbano, campanilistico, fra società e società, fra città e città, aspetto sottolineato anche da Andrea Ferreri, nel suo libro che analizza il fenomeno degli ultrà. Durante il fascismo ad esempio inizialmente il calcio era visto con malcelato disprezzo dai gerarchi, dato che era importato dalla “perfida Albione” ed era foriero di incidenti e scontri fra tifoserie. Successivamente con Leandro Arpinati, presidente del Bologna e membro della federcalcio, ha convinto il duce e ottenuto l’avallo internazionale per disputare il primo mondiale in Italia, vinto appunto dalla nostra Nazionale. Ma già all’epoca ci furono polemiche arbitrali, in particolare durante Italia-Spagna. Il fascismo utilizzava, come ogni regime dittatoriale, la figura dell’atleta un po’ come quella del soldato, per dimostrare i propri successi e dare lustro al regime stesso
Tu parli naturalmente anche di squadre storicamente associate a una realtà politica. Questa coincidenza fra squadre e blocchi politici ad esempio da dove viene?
Non c’è soltanto il ceto dominante, ma ci sono tanti poteri diversi che usano il calcio come grimaldello per i propri interessi. Il calcio significa grande popolarità, stringere rapporti a livello commerciale, oliare certi meccanismi per dell’apparato amministrativo e politico per quel che riguarda gli appalti. Basti ricordare Costantino Rozzi, uno degli ospiti del processo di Biscardi che, quando l’Ascoli era in serie A, ha avuto un incremento di appalti come costruttore. Oppure Cragnotti con la Cirio o il Parma di Tanzi. Il legame diretto con la politica invece ha molti casi lampanti. La Lazio di Chinaglia o il Napoli di Achille Lauro, presidente degli “azzurri” e sindaco di Napoli, la stessa Roma anche se direttamente non era gestita da Andreotti, aveva la sua “longa Manus” dietro Dino Viola, essendo lui presidente onorario del club dei tifosi di Montecitorio, ruolo che oggi è’ di D’Alema. Di esempi ce ne sono di tutti i tipi e tutti i colori. È una commistione politica e finanziaria che non ha colori o schieramenti se non quello dei soldi. Esempio che tutti ricordano e’ quello di Berlusconi che compro’ il Grande Milan nel 1986 dopo il fallimento di Farina, lo zio dell’ex presidente del Modena e da lì lancio la sua grande cavalcata economica e politica. Tutti ricordano le televisioni che gli permisero di battere Ochetto nel ’94, ma lui ha sfruttato anche l’immagine del Milan, vincendo subito, con merito va detto, in Europa con la squadra di Sacchi e vincendo nel periodo dal ’91 al ’94, prima delle elezioni, gli scudetti con Capello.
Nel tuo libro parli anche degli scandali del calcio italiano dal primo calcioscommesse dell’80 a Calciopoli…
Si, quello raccontato da Carlo Petrini in “Nel fango del Dio pallone” fu il primo grande scandalo del calcio italiano. Non solo la classica combine per il risultato comodo, ma quella per i soldi derivati dalle scommesse clandestine con questi due personaggi da commedia all’italiana, Cruciani e Trinca, che ebbero addirittura il coraggio di denunciare i giocatori perché non avevano ricevuto i compensi pattuiti. La situazione negli anni non è cambiata per nulla. Calciopoli e’ arrivato solo nel 2006 sulle scrivanie della giustizia sportiva, ma in realtà andava avanti da 1999. Nel libro ne ripercorro la storia per intero analizzandola nei dettagli.
Dove si può trovare il tuo libro?
E’ un’autoproduzione che viene stampata e distribuita da You Can Print, una cooperativa libera salentina e si può trovare negli store online, su Amazon, Google etc. sia in forma E-Book che cartaceo, in tre giorni arriva a casa. Si può però prenotare anche in libreria o durante gli incontri di presentazione che sto facendo in giro per l’Italia. Le librerie va detto non lo espongono direttamente perché questo editore e’ un po’ come me, fuori dal sistema, quindi ci sono delle difficoltà e non lo nascondo, però ogni libreria e’ tenuta a prenotarlo e a consegnarlo in tempi consoni quando qualcuno lo chiede.
Qui di seguito il link di Amazon per acquistare il libro di Stefano Santachiara.
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(G.B)