THIAGO CIONEK TRA BRASILE, POLONIA E IL MODENA

Brasile e Polonia. Due realtà agli antipodi dal punto di vista fisico, culturale e anche calcistico. Il sole, il mare e il ‘football bailado’ del paese sudamericano, le grandi pianure e il calcio pratico e potente di quello dell’est Europa. Due culture lontane che però si incontrano nel difensore del Modena Thiago Cionek, brasiliano di nascita, ma con importanti radici polacche. “I mie bisnonni venivano dalla Polonia – racconta Cionek – io però sono nato nel sud del Brasile, a Curitiba, dove ci sono tanti discendenti di europei, anche di italiani, emigrati in Sudamerica nell’800”.

Calcisticamente parlando cosa significa il sud del Brasile?
Significa tante squadre importanti. Solo a Curitiba ce ne sono tre: l’Atletico Paranaense, il cui stadio sarà utilizzato anche per i mondiali, il Curitiba e il Paranà che è la squadra per cui tifo, ma che al momento è in serie B.

Si sente spesso dire che in Brasile si comincia a giocare a calcio per le strade e sulle spiagge. E’ ancora così?
Si, non è un mito. Adesso però succede molto di meno visto che ci sono più campi per giocare e le cose stanno un po’ cambiando. Quando ho iniziato io però si cominciava proprio così, con gli amici per la strada o a scuola. Io poi sono stato notato da alcuni osservatori e sono entrato nel settore giovanile del Curitiba. Da lì sono passato a una squadra di serie C, a 2000 km dalla mia città, e successivamente ad una di B ancora più lontana.

Come sono le scuole calcio in Brasile?
Sono qualcosa di particolare. Lì le squadre di serie A investono molto sui settori giovanili e già a 14 anni ci si allena due volte al giorno. Realtà come il Cruzeiro o il Gremio hanno delle scuole calcio in cui i ragazzi restano lì anche a pranzo e a cena, vivono a contatto col calcio 24 ore su 24. Da noi tutti vogliono giocare a pallone perchè è uno sport semplice. Da bambini basta una palla o qualcosa che le somigli, come una lattina, per poterci giocare.

Chi erano i tuoi campioni preferiti?
In Brasile, ogni anno, c’è un campione nuovo che sale alla ribalta. Il primo mondiale che ho seguito è stato quello del ‘94, quindi ricordo Romario che dicevano avesse vinto il titolo da solo. Poi successivamente Ronaldo, Ronaldinho, i grandi difensori. Tutti giocatori a cui ispirarsi come modelli.

Come è nata l’occasione di trasferirti in Polonia?
Mi ha visto giocare un procuratore italiano, Gabriele Giuffrida, il quale, sapendo che avevo la possibilità di ottenere la cittadinanza polacca, mi ha portato là tramite Boniek. Ho giocato quattro anni nello Jagellonia, in serie A. Abbiamo vinto una coppa di Polonia e fatto due volte i preliminari di Uefa, risultati mai ottenuti prima da quella società.

Come ti sei trovato in Polonia?
Benissimo. Ho avuto l’occasione di conoscere le mie origini, i miei famigliari che ancora vivono in Polonia. E lì ho conosciuto anche la mia attuale ragazza. Il calcio polacco vive ancora del ricordo degli anni ‘70, ‘80, di giocatori come Lato e Boniek, ma sta anche cambiando la mentalità e sta crescendo molto.

Un anno e mezzo fa il tuo arrivo in Italia…
Mi ha ingaggiato il Padova con un contratto di tre anni. Poi la scorsa estate è cambiato tutto, presidente, dirigenza e progetto, e io ho avuto l’occasione di venire a Modena. Osuji e Colombi me ne avevano parlato bene. Abito in centro con la mia ragazza, la città è molto carina e sono davvero contento.

Tu sei anche appassionato di pallavolo. Sei già andato al palazzetto?
Si, lo ero già in Brasile, ma lì non avevo mai avuto occasione di vedere grandi campioni. Il Brasile è fortissimo soprattutto come nazionale. Qui ho scambiato la maglia con Bartman, nazionale polacco molto apprezzato in Polonia, e ho conosciuto Bruninho. Quando posso al palazzetto ci vado.

Sport a parte cosa ti piace fare?
Andare in giro e scoprire città nuove. Questo è un paese bellissimo con tanta storia e tante città da conoscere.

In estate il tuo Brasile ospita i Mondiali. Chi vince secondo te?
La Polonia non si è qualificata, quindi tutto il mio tifo sarà per il Brasile. Spero di riuscire ad andare a vedere qualche partita. In Brasile non hanno mai dimenticato la sconfitta in finale del ‘50 in un Maracanà con 200 mila spettatori. Speriamo di riuscire a tornare in finale e questa volta di vincerla.

GIOVANNI BOTTI
VIVO MODENA 26 FEBBRAIO 2014
www.vivomodena.it