ANDREA ROVINA, IL ‘CENTENARIO’

Lo scorso 17 novembre, nella partita casalinga contro il Pesaro, ha raggiunto il traguardo delle 100 partite con la maglia biancoverde del Modena Rugby. Stiamo parlando di Andrea Rovina, numero 9 del Donelli, quello che contraddistingue il mediano di mischia. “Un risultato importante che ha un po’ mitigato la nostra sconfitta sul campo”, racconta Rovina. “Nei club internazionali, quando un rugbista raggiunge le 100 gare con la squadra, si organizza una vera e propria celebrazione, una sorta di rito in cui il giocatore entra in campo da solo. Io ho ricevuto i complimenti dai miei compagni e dal presidente”.

Andrea, quando sei arrivato a Modena?
Nel 2008 da Viadana, dove sono nato e ho iniziato a giocare a rugby. Li ho fatto tutta la trafila delle giovanili.

Perchè proprio il rugby?
Innanzitutto perchè Viadana è una delle piazze rugbistiche più importanti d’Italia, lì si vive davvero di rugby. E poi ho uno zio che pratica questo sport e attualmente allena il Colorno in serie A. Lui mi ha messo in campo e io non ne sono più uscito.

A Modena hai attraversato periodi molto diversi…
Si, nei primi tre anni abbiamo perso una finale play off e ottenuto due promozioni consecutive passando dalla B all’A1. Siamo riusciti a restare in A1 per un paio di stagioni poi, l’anno scorso, pur essendoci salvati, la società ha deciso di ripartire dalla serie B. Il progetto è quello di arrivare ad avere, nel giro di tre anni, il 95% di giocatori modenesi, tutti prodotti dal vivaio. Oggi probabilmente al 90% già ci siamo e penso che, stagione dopo stagione, questi ragazzi acquisiranno sempre maggiori capacità per riportare il Modena Rugby nelle categorie che gli spettano.

Tu quindi sei una sorta di ‘chioccia’?
Si, in effetti, nonostante abbia solo 27 anni, sono uno dei più esperti. Di giocatori arrivati nel 2008 siamo rimasti in cinque o sei.

Il tuo ruolo è il mediano di mischia. Ci spieghi quali sono i tuoi compiti?
Sono una sorta di playmaker, un anello di congiunzione tra la mischia, i giocatori più grossi che vanno a lottare per la conquista dei palloni, e i trequarti, quelli agili e veloci che dovrebbero finalizzarne il lavoro.

Sei entrato anche nello staff tecnico del settore giovanile. Ti vedi in futuro come allenatore?
Alleno l’under 16 del Modena Junior. Sono reduce dall’esame di allenatore di secondo livello a Tirrenia. Mi piace molto stare con i ragazzi e insegnare loro il rugby. Sicuramente, quando il mio esile fisico non mi consentirà più di giocare, mi piacerebbe restare nell’ambiente, in particolare seduto in panchina.

A questi livelli il rugby è uno sport professionistico?
No, siamo tutti ragazzi che studiamo o lavoriamo. Io ad esempio mi sono laureato in legge e sto facendo pratica da avvocato presso uno studio in Largo Garibaldi a Modena. La mia giornata tipo è: lavoro in studio fino alle cinque poi, fino alle 10 di sera, nell’ordine i ragazzi dell’under 16, la palestra e l’allenamento sul campo.

Il Donelli quest’anno dove può arrivare?
Per ora siamo a centro classifica. Devo dire che abbiamo avuto un incidenza di infortuni molto alta sulla nostra squadra, oltre a qualche errore di inesperienza. Sono però convinto che, nel girone di ritorno, ci saranno dei miglioramenti e che potremo stare appena sotto le prime della classe. Noceto, Pesaro e anche Piacenza hanno qualcosa in più e lotteranno per i play off. Per noi sarebbe positivo raggiungere una posizione tra la quarta e la sesta.

Si parla spesso del famoso terzo tempo. Esiste anche a questi livelli?
Assolutamente si. Finita la partita si condivide qualcosa tutti insieme, anche con gli avversari, e finisce ogni ostilità. Non la considererei però, come sento spesso dire, una differenza culturale del rugby rispetto al calcio, che è tra l’altro uno sport che amo tantissimo. Il problema è che, ad alti livelli, nel pallone tutto è amplificato all’ennesima potenza.

Visto che segui il calcio, che squadra tifi?
Assolutamente Inter.

GIOVANNI BOTTI
VIVO MODENA 5 FEBBRAIO 2014
www.vivomodena.it

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