
Campione, leader e trascinatore. Sono questi alcuni epiteti che identificano Nemanja Petric, schiacciatore serbo di Modena Volley, tornato all’ombra della Ghirlandina dopo aver vinto nel 2016 lo storico “triplete”. Quando arrivò al Palapanini, una leggenda canarina come Franco Bertoli decise di affidargli il suo storico numero di maglia, il 4, sapendo che l’avrebbe portato con onore. Del passato, ma anche del presente problematico condizionato dall’Emergenza Coronavirus, abbiamo parlato in questa intervista.
Nema, come avete reagito alla pausa agonistica forzata dopo la partita con Civitanova?
“Non è facile avere una continuità nelle prestazioni quando sei stato fermo 10 giorni. Ci siamo allenati, e non è andata troppo male perché siamo in un anno in cui queste cose possono capitare e potrebbero tornare a capitare”.
A proposito, contro la Lube che cos’è mancato per vincere almeno un parziale?
“Purtroppo quando abbiamo il vantaggio non riusciamo a chiudere il set e questo ci pesa. Quando hai conquistato un vantaggio sull’avversario devi sfruttarlo. Dobbiamo essere più lucidi in quei momenti. Quando giochi contro una squadra come la Lube, questa non ti permette più di tornare in una situazione del genere”.
Facciamo un passo indietro, che cos’hai pensato quest’estate quando hai ricevuto la chiamata di Sartoretti?
“Modena per me è un posto speciale, nel quale ho vissuto bellissimi anni della mia carriera. Quest’estate quando ci siamo sentiti, l’ho vista come un’occasione per tornare e per rivivere certe emozioni, stando nella squadra del mio cuore. Ero molto emozionato. Quest’anno è stato un mercato strano: ho deciso di aspettare un po’ e di valutare la situazione e le alternative. Alla fine però Modena per me è sempre qualcosa di più”.
Prima di tornare in Italia l’anno scorso, hai giocato in Turchia e in Russia. Che esperienze sono state?
“Sono state belle esperienze, e sono contento di avere avuto la possibilità di viverle. In Turchia abbiamo vinto lo scudetto e la coppa, mentre in Russia una coppa europea. Sono state dunque anche stagioni di successo. Sono entrambi paesi molto diversi dall’Italia, con campionati che hanno un valore molto alto e bellissimi da giocare. Soprattutto quello russo, che si avvicina molto a quello italiano”.
Che gruppo si è creato invece in Modena Volley quest’anno?
“Ci sono tanti giocatori nuovi rispetto all’anno scorso e molti giovani. Devo ammettere che è un bellissimo gruppo, che ha voglia di lavorare e di imparare cose nuove, e che sta crescendo molto. Spero che possa dimostrare tutto questo anche in campo”.
E’ vero che esiste un patto tra te e Stankovic, dato che è la prima volta che siete compagni in un club?
“No (ride ndr) è andata così. Anche lui la passata stagione era in trattativa per venire qui, e alla fine ha accettato. Non sapevamo che ci saremmo trovati in squadra insieme. Siamo contenti di avere la possibilità di giocare di nuovo insieme dopo la Nazionale”.
A questo proposito, torni a Modena dopo aver vinto l’ultimo Campionato Europeo…
“E’ stato veramente pazzesco per me e per la mia squadra. Andammo a giocare un Europeo dopo uno strano torneo di qualificazione alle Olimpiadi ad agosto, anche avendo cambiato l’allenatore. Siamo riusciti a rialzarci e a vincere un Europeo senza mai essere sconfitti. E’ stato bellissimo, soprattutto per me che ero il capitano. Ho realizzato il sogno che avevo fin da piccolo”.
Si è discusso tanto in questo periodo se continuare o meno a giocare il campionato. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
“Credo che nessuno abbia una risposta giusta. Da parte di noi giocatori abbiamo tanta voglia di giocare e di dare continuità. Poi certo, ci sono problemi che ti distolgono dal campo che non sono facili da gestire, come penso non lo sia anche per la società. Penso che sia molto importante finire questo campionato, perché se torna a capitare come la passata stagione, credo che la pallavolo perderebbe tantissimo e non riuscirebbe più a raggiungere il livello che c’è adesso. Questa è la mia preoccupazione dobbiamo trovare un modo per finire il campionato. Certo, al primo posto viene la salute, ma fin quando ci sarà la possibilità di giocare è giusto farlo”.
di Mattia Amaduzzi
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